Dire caffè in Italia è come dire Dante, poesia, cultura, storia, patrimonio, tradizioni. Se poi la storia coinvolge chi, abituato a farne di caffè, diventa scrittore di romanzi, un narratore capace di coinvolgere anche con quelli che potremo definire “i racconti della tazzina”, insomma, la notizia è di quelle che “provocano la scossa”. Come il caffè, appunto.
Lo scrittore si chiama Diego Galdino, romano, classe 1971, di professione barista. Nel suo ultimo libro, L’ultimo caffè della sera, edito da Sperling & Kupfer, racconta cosa si nasconde dietro al rito dell’amatissima bevanda. Praticamente un mondo e noi italiani lo sappiamo bene.
Un universo intero, dai mille cromatismi. Di persone, aneddoti, curiosità, cultura, questo è il mondo del bar e dei banconi. Diego Galdino ogni mattina si alza alle cinque per aprire il suo bar dove ogni giorno “dialoga” con i suoi numerosi clienti servendo caffè che sono il prodotto stesso della sua creatività. Quella medesima creatività che lo ha condotto alla sua attività di scrittore. Diego ha infatti trovato il modo di trasformare la sua conoscenza del caffè in letteratura.
L’ultimo caffè della sera è il seguito del suo romanzo d’esordio – “Il primo caffè del mattino” – scritto quattro anni fa. L’autore riprende la storia di Massimo proprietario di un piccolo bar nel cuore di Trastevere. Il tempo passa e la vita di Massimo prende altre strade. Anche se nel bar Tiberi, l’atmosfera rimane quella allegra e scanzonata di sempre. Poi un giorno arriva una fascinosa ragazza dagli occhi blu come il cielo del mattino e la vita di Massimo ne viene travolta e la storia si ingarbuglia.
Diego Galdino, che può vantare al suo attivo ben cinque libri prodotti, ha deciso di scrivere L’ultimo caffè della sera, come lui stesso afferma, “per rendere leggendario l’ordinario”. Il romanzo narra di come la vita, nonostante la sua bellezza, possa “mordere” in tanti momenti e rimettere tutto in discussione. Certezze, credenze, speranze.
Però la vera sfida e forse, potremmo dire senza esagerare, è proprio questa. Continuare a credere ai peripli dell’esistenza, nonostante le sue asperità. Ritrovare le risorse e riportare la barra al centro. Come si fa con un buon caffè, senza il quale non c’è giorno degno di inizio. Il protagonista Massimo fa proprio questo, come Diego. Ad un certo punto, in seguito a quegli eventi della vita che “sferzano”, deve reinventarsi e trovare nuove energie.
Mina, infatti, la protagonista, riuscirà a risanare le ferite aperte del cuore di Massimo e forse anche quelle di Diego. Perché la scrittura è proprio questo, come affermava Marguerite Duras, “urlare nel silenzio”. Per trovare serenità e guardare ogni giorno con rinnovata speranza.
Come si fa con un buon caffè. E la speranza è una cosa buona, e le cose buone, non muoiono mai. Al pari di una tazzina preparata con passione e con amore.
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